Sul Diritto Bancario

La Corte di Cassazione accoglie il nostro ricorso in tema di leasing traslativo

La Corte di cassazione accoglie il nostro ricorso in tema di leasing traslativo, al quale si applica l’art. 1526 c.c., se il contratto è risolto prima della L. n. 124/2017.
Il giudizio di rinvio alla Corte di appello di Milano che disattende, spesso, la Corte Suprema.

 

Dopo aver perduto in primo ed in secondo grado al Tribunale ed alla Corte di Appello di Milano, circondario e distretto vicini alle banche, e’ stata la Corte di Cassazione, con il nostro ricorso a sancire un principio semplice: si applicano ai contratti di leasing traslativi stipulati e risolti antecedentemente alla legge di regolamentazione del 2017, i principi di cui all’art. 1526 c.c, per cui,restituita la res,l’utilizzatore ha diritto al rimborso dei canoni pagati detratto l’equo compenso.
Così si legge nel provvedimento: “con unico motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 1526 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 S.U. n. 2061/2021 Indebito arricchimento della concedente- la ricorrente lamenta che la sentenza ha ritenuto giustificato che, a seguito della risoluzione del contratto di leasing per effetto della clausola risolutiva espressa, l’utilizzatore abbia restituito il bene senza ottenere alcunché ed abbia ritenuto irrilevante
la circostanza relativa all’avvenuta vendita dell’immobile nelle more della causa tenuto peraltro conto che la concedente non aveva ancora azionato il suo credito per canoni; si duole non essere stata disposta la ripetizione dei canoni corrisposti, detratto l’equo compenso e l’applicazione di una eventuale penale surrogabile con quanto ricavato dalla vendita del bene, in violazione dell’orientamento affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui ai contratti come nella specie stipulati e risolti prima della entrata in vigore della L. n. 124 del 2017 è al leasing traslativo applicabile in via analogica la disciplina della vendita con riserva di proprietà e quindi la disciplina dell’art. 1526 c.c.: il motivo è fondato e va accolto”.
Ma la Corte di Appello di Milano può tranquillamente sottrarsi al principio della nomofilachia, senza alcuna conseguenza e responsabilità, secondo la logica del Marchese del Grillo: “io sono io e voi non siete…”.

Vedi il provvedimento
Biagio Riccio

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