Nel seno del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tra gli strumenti di regolazione della crisi è stato inserito il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. Si tratta di quella persona fisica che è diversa dall’imprenditore e che chiede all’ordinamento di apprestare la necessaria tutela per debiti che non ineriscono all’attività imprenditoriale, professionale, ma che siano stati contratti per bisogni familiari e personali. Si fa l’esempio di chi ha stipulato un mutuo che non riesce più a pagare per l’acquisto della prima casa, chi abbia perduto il lavoro e si trova esposto con finanziarie, chi abbia subito l’amaro destino di una malattia che impedisca di lavorare per il futuro. Chi per una separazione coniugale entra nel vortice di costi insostenibili per mantenere l’altro coniuge e non riesce ad arrivare alla fine del mese.
Sono dunque pendenze che non si possono più onorare e considerato il proprio reddito lo si reputa di fatto insufficiente, per sostenere una debitoria eccessiva ed esorbitante: da qui il sovraindebitamento.
Il consumatore perciò con l’aiuto di un organismo di composizione della crisi( di solito commercialisti) può chiedere, anche senza l’assistenza di un avvocato difensore, al Giudice del tribunale del suo circondario di essere ammesso al beneficio della legge sul sovraindebitamento, che gli fornisce una possibilità concreta di ristrutturazione dei suoi debiti: pagare tutti in misura minore ed uscire finalmente dalla crisi.
È la famosa “seconda chance” che risolve uno stato di crisi e di insolvenza per quei consumatori che siano stati vittime di finanziarie usurarie, che non hanno rispettato la disciplina dei valori minimi del “merito creditizio”: hanno approfittato dello stato di bisogno del debitore ed hanno concesso linee di credito, anche se consapevoli che il consumatore giammai avrebbe potuto restituire quel prestito, in ragione di un proprio reddito insufficiente.
È per esempio un’opportunità che si dà anche a quei consumatori vittime della ludopatia, che hanno sperperato patrimoni per il gioco d’azzardo.
Il consumatore deve essere una persona perbene, non deve aver compiuto atti in frode ai creditori e deve essere meritevole di ottenere la procedura di sovraindebitamento. Non deve aver agito in malafede e può beneficiare della legge, se racconta all’organismo di composizione della crisi la verità delle sue disavventure e vicissitudini: non deve sottacere di suoi beni e di suoi debiti, perché se poi vi è la scoperta futura di attività celate o di passività non riferite, l’omologa viene revocata.
La legge, il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza,consente che solo il consumatore diligente possa beneficiare della falcidia dei suoi debiti, non quel dissennato debitore che abbia contratto pendenze, ben sapendo di non poterle onorare.
Il consumatore infatti che abbia agito con colpa grave, è dunque causa efficiente delle sue disgrazie( chi si indebita per esempio a dismisura) e non può essere meritevole di un giudizio di accoglimento del suo piano, predisposto con un organismo di composizione della crisi.
Il piano deve essere fattibile per l’adempimento dei debiti falcidiati e può essere libero nel contenuto e senza indicazione di un tempo prefissato minimo.
È il solo giudice l’interlocutore, non i creditori che non esprimeranno il loro consenso, perché risentiti e contrari ed ovviamente riottosi a condonare od accettare un adempimento parziale.
Si parla di concordato coattivo, subito dai creditori che non esprimono alcun voto.
Il tempo per adempiere ai debiti ristrutturati di un piano fattibile non è fissato dal codice; sulla base di alcuni provvedimenti coraggiosi di tribunali sono stati approvati piani di consumatori anche per oltre 20 anni, per consentire al debitore di avere il respiro, il tempo e pagare tutti i debiti in misura inferiore e soddisfare ogni creditore.
Anche il creditore che ha acceso ipoteca può subire la falcidia di essere pagato in misura minore, come tutti quei creditori che abbiano ottenuto dal debitore un quinto del suo stipendio o pensione o trattamento di fine rapporto. La legge colpisce anche il creditore privilegiato: quest’ultimo vedrà il bene su cui ha acceso ipoteca ponderato ad un valore minore del suo credito, purché si dia la prova che il prezzo che si consegua -per esempio ad un’asta- sia inferiore a quello di mercato. Vale la logica competitiva che si attuerà nella procedura di sovraindebitamento.
Ma il giudice può agevolare quel consumatore che intende salvare la propria casa.
Infatti il creditore mutuante, garantisce il codice dell’impresa e dell’insolvenza, può restare al di fuori del piano e continuare ad ottenere il pagamento delle rate di mutuo, seppure in un tempo più dilazionato.
Se il giudice ritiene che può essere ammesso al beneficio della legge il consumatore diligente, fissa con un decreto l’udienza nella quale dovranno comparire quest’ultimo e l’organismo di composizione della crisi, per ottenere con sentenza la definitiva omologazione.
Con questo decreto si sospendono e si paralizzano tutte le azioni esecutive e cautelari intraprese dai creditori, il cui diritto si colloca anteriormente alla predisposizione del piano. È l’aspetto più importante ed il beneficio maggiore per il debitore: bloccare pignoramenti in atto di conto corrente, vendite all’asta, ingiunzioni del fisco onnivoro anche con fermi amministrativi di autovetture, ma soprattutto il pignoramento della propria casa.
L’effetto è quello di paralizzare procedure esecutive singole, in modo che siano garantiti tutti i creditori.
I creditori, avvisati dall’Organismo di composizione della crisi entro venti giorni dalla comunicazione, se dissentono, possono presentare le proprie osservazioni, per impedire l’omologazione del piano, ma non possono essere legittimati quei creditori-finanziarie- che abbiano agito senza rispettare i canoni del “merito creditizio” e dunque sfruttato dolosamente la condizione deficitaria del reddito del debitore.
Il consumatore se non esegue il piano nelle sue fondamentali obbligazioni o commette atti in frode al ceto creditorio può solo, subita la revoca, avvalersi della procedura di liquidazione dei suoi beni.
Sono queste le principali coordinate del piano del consumatore per la ristrutturazione dei suoi debiti, ma la legge presenta le sue asimmetrie e lacune.
1-Gli studiosi infatti ritengono che è ingiusto non ammettere quei consumatori che avendo chiuso per esempio la propria ditta ed avendo ancora pendenze per la pregressa ed abbandonata attività commerciale, non possono per questi debiti ottenere la falcidia, perché ineriscono a pendenze non personali, ma imprenditoriali.
2- Pare che non possa il consumatore trovare beneficio nella legge sul sovraindebitamento se ha prestato fideiussione, qualora questa garanzia sia legata ad un debito commerciale. Si dovrebbe escludere ogni automatismo tra il fideiussore di obbligazioni di natura imprenditoriale e l’accesso al piano del consumatore.La nozione di “consumatore” deve armonizzarsi con le disposizioni del diritto comunitario. Essa va interpretata facendo riferimento al ruolo e alle finalità perseguite dal garante rispetto all’impresa garantita: pertanto, il fideiussore di un’obbligazione oggettivamente riferibile ad un’attività professionale può anche essere considerato consumatore, se non ha assunto cariche sociali o gestorie nella società beneficiaria della garanzia.
3-Neppure il socio illimitatamente responsabile può essere parificato al consumatore, se i suoi debiti sono ancora legati alla sua attività di impresa. Anche qui la legge è muta, la giurisprudenza coraggiosa,di converso, ci nutre della possibilità di ritenere che consumatore possa essere considerato anche un socio illimitatamente responsabile.Infatti il socio illimitatamente responsabile non è imprenditore e, dunque,in sede di estensione del fallimento della società non viene valutata la sua insolvenza e non vi è ragione per sostenere che egli, per ottenere l’esdebitazione, sia tenuto ad attendere la dichiarazione di fallimento della società.
4- È infine difficile pensare che un consumatore non sia stato colpevole per i suoi debiti: i giudici nell’ampia discrezionalità possono non dare il consenso e negare la meritevolezza al piano presentato e sconfinare nell’arbitrio.La legge in questo caso tradisce il suo spirito: aiutare la parte più debole della relazione contrattuale.
5- Avrebbe potuto il legislatore essere più coraggioso e,come avviene con il concordato preventivo, rendere possibile con la sola presentazione del ricorso l’effetto sospensivo delle procedure in corso. Ovviamente in questo caso l’assistenza al consumatore di un avvocato o di un commercialista sarebbe stata necessaria.
È dunque uno specchietto per le allodole il piano per la ristrutturazione dei debiti a beneficio del consumatore, perché gli effetti paralizzanti sono maggiori dei benefici che la legge accorda.
Molti avvocati non ci fanno ricorso e preferiscono la procedura più semplice di liquidazione dei beni.
Parafrasando Hegel possiamo dire che le vacche nella notte sono ancora nere e la luce per i poveri debitori ancora non c’è.
Forse il debito è una colpa:i magistrati dovrebbero essere audaci ed innovatori a rendere un giudizio di meritevolezza a beneficio di poveri debitori,che sono sempre colpevoli per aver subito la spirale perversa del debito,ma per cause che rinvengono ed affondano le radici primigenie in una società piena di diseguaglianze che fa ancora comodo.
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