FERMATE GLI SCIACALLI: LA CARESTIA DEL CIGNO NERO

Tutta l’Italia è dunque zona rossa; significa assoluto isolamento con una paralisi di ogni attività economica e produttiva.
Per i diffusi contagi, per i morti accertati, per evitare il collasso del sistema sanitario, in considerazione anche dell’irrazionale fuga verso il sud dalla Lombardia, era questa l’unica misura da adottare: l’isolamento assoluto con inevitabili misure restrittive.
Ma la piccola impresa ed i professionisti – avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri,come i lavoratori dipendenti che beneficiano degli ammortizzatori sociali, devono essere salvaguardati; se si sospende o rallenta ogni attività produttiva ,di concerto, il Governo dovrà:
1-imporre alle banche la sospensione dei pagamenti dei mutui: dunque per tutto il periodo dell’isolamento gli istituti di credito non possono pretendere, ad ogni costo, l’adempimento delle rate in scadenza e neppure il rientro per le esposizioni in conto corrente.
2-Allo stesso modo le scadenze fiscali e perciò  il pagamento degli F24 pure dovrà slittare.
3-Il pagamento delle bollette per la fornitura di gas e di energia elettrica dovrà essere evitato per il periodo dell’isolamento.
Se ciò non si dovesse verificare, si dà agli sciacalli ampio spazio per agire e di muoversi indisturbati.

 

E gli sciacalli sono:
a)le banche;
b)l’Agenzia delle Entrate;
c)gli Enti previdenziali, le Casse dei professionisti, per esempio la Cassa forense;
d)l’Ente di riscossione, Equitalia.
Incuranti della pandemia notificheranno, precetti, pignoramenti, sequestri ed ogni altro provvedimento cautelare a tutela del loro credito, per esempio fermo amministrativo.
Si determinerà un totale impoverimento, una devastante recessione se non si bloccano i pagamenti quando vi è per forza maggiore– un’epidemia contagiosissima-la totale ed inevitabile paralisi produttiva, quella del “cigno nero”.
Lo scrisse il Manzoni, quando parlò della carestia.
Ed ecco la copia di quel ritratto doloroso.
Ad ogni passo botteghe chiuse; le fabbriche in gran parte deserte; le strade, un indicibile spettacolo, un corso incessante di miserie… Garzoni e giovani licenziati da padroni di bottega, che, scemato o mancato affatto il guadagno giornaliero, vivevano stentatamente degli avanzi e del capitale dei padroni stessi, per cui il cessar delle faccende era stato fallimento e rovina: operai e anche maestri di ogni manifattura e di ogni arte, delle più comuni come delle più raffinate, delle più necessarie, come quelle di lusso, vaganti di porta in porta, di strada in istrada, appoggiati alle cantonate, accovacciati sulle lastre, lungo le case e le chiese, chiedendo pietosamente l’elemosina o esitanti tra il bisogno e una vergogna non ancora domata, smunti, spossati, rabbrividiti dal freddo e dalla fame nei panni logori e scarsi, ma che in molti serbavano ancora i sogni di un’antica agiatezza; come nell’inerzia e nell’avvilimento, compariva non so quale indizio di abitudini operose e franche. Mescolati tra la deplorabile turba, e non piccola parte di essa, servitori licenziati da padroni caduti allora dalla mediocrità nella strettezza o che quantunque facoltosissimi si trovavano inabili, in una tale annata, a mantenere quella solita pompa di seguito. Ed a tutti questi diversi indigenti si aggiunga un numero di altri, avvezzi in parte a vivere del guadagno di essi: bambini, donne, vecchi, aggruppati con i loro antichi sostenitori, o dispersi in altre parti all’accatto” (Alessandro Manzoni i Promessi Sposi capitolo XXVIII pagina 581 Le Monnier Editore a cura di Natalino Sapegno).
Fermate gli sciacalli.
Eviteremo la “carestia del cigno nero”.

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