Quello che sta accadendo con la “politica” delle espropriazioni immobiliari porta questo Paese ad un grado di civiltà giuridica da Repubblica delle banane.
Si sta intensificando, in un momento di forte recessione economica, lo strapotere delle Banche che, al cospetto di poveri debitori, si comportano come sciacalli e succhiano sino all’ultima stilla di sangue; come accadeva nell’antica Roma, pretendono la schiavitù a vita di chi non paga.
Non c’è più pudore, freno inibitore e faranno – le banche – la fine della rana di Esopo: scoppieranno, perché tutti i beni immobili che conseguono non sanno a chi rivenderli, non essendoci più mercato.
Oggi infatti chi è proprietario di un bene immobile ne perde la titolarità per un debito non pagato (un mutuo o un’esposizione bancaria insoluta), perché subisce anzitempo l’esproprio forzato da parte di custodi aguzzini autorizzati dalla legge: possono cacciare via il debitore dalla sua casa immediatamente.
Infatti, il nuovo articolo 560 del Codice di Procedura Civile (frutto del decreto Banche-legge del 30 giugno 2016, n. 119 di conversione del Decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59) consente al custode, quando è avviata la procedura immobiliare che colpisce la casa del debitore, di scaraventarlo fuori dalla sua abitazione prima che sia avviata la vendita forzata.
Il custode può farlo e se il debitore oppone resistenza può avvalersi della forza pubblica.
Ha poteri più incisivi e penetranti di un ufficiale giudiziario e, con un semplice avviso, avvia la macchina infernale dello sfratto coattivo.
L’obiettivo è rendere appetibile una casa che deve essere venduta all’asta: deve essere liberata velocemente, in modo che compratori possano essere allettati ad acquistarla senza affrontare, successivamente, le pastoie e le incombenze di uno sloggio.
Tutto questo avviene senza il controllo di un giudice terzo che si comporta, di converso, come un realizzatore ed attuatore di un provvedimento da lui reso: un burocrate del male che caccia via il debitore a prescindere, senza sentire le sue ragioni e senza neppure verificare se la sua pendenza sia o meno dovuta effettivamente.
Quello che è più grave è rappresentato dal fatto che le vendite all’asta avvengono, perché non c’è mercato, a prezzi vili ed una casa viene aggiudicata a valori infimi.
Ne consegue che si arricchiscono anzitutto i professionisti, perché la loro prestazione a servizio della legge va onorata immediatamente, poi i creditori privilegiati e dunque quelli chirografari: per ultimo viene il debitore già spossessato del bene, venduto poi a prezzo irrisorio.
Gli avvoltoi – professionisti si saziano bene, il ceto creditorio non si soddisfa ed il debitore rimane tale per tutta la vita.
È il risultato del meccanismo dell’art. 591 cpc: ogni incanto fa perdere alla casa il 25 per cento.
Accadrà che il valore di quest’ultima diventerà irrisorio ed in ragione di esso il debitore non sarà liberato mai.
È piombato alla cronaca nazionale il caso Bramini, imprenditore monzese fallito per colpa dello Stato che non pagava le sue commesse e sfrattato dalla magistratura che ha applicato ottusamente l’art. 560 c.p.c., quello dello sloggio prima della vendita forzata.
Tutte le istanze di Bramini sono state respinte, anche quelle tese ad un accordo con i creditori.
Il giorno 18 maggio lo sloggio si è compiuto.
Della questione si sono interessati personalmente sia Salvini che Di Maio, che hanno espresso solidarietà a Bramini, senza tuttavia evitare, nonostante il loro pesante intervento, lo sloggio.
Hanno dormito a casa di Bramini anche parlamentari, in modo da evitare lo sfratto in considerazione della funzione che essi esercitano.
Con un comunicato ANSA del 17 maggio la magistratura monzese ha rivendicato il suo giusto operato in forza di leggi, per intenderci quelle del decreto Banca del giugno 2016, che hanno accelerato il processo esecutivo.
Si pone dunque un durissimo conflitto tra l’esigenza di rendere spedito il processo esecutivo e dall’altro quello di abbandonare il povero debitore al suo destino: avere pendenze per tutta la vita.
Le riforme sono state dettate dalle Banche ed in modo particolare dalla Banca Centrale europea ed il caso Bramini è la punta dell’iceberg che si impone all’attenzione del prossimo governo.
Bisogna ora capire se effettivamente il nuovo vento intenda difendere i più deboli: le espropriazioni immobiliari sono oltre 500 mila ed il massacro sociale è alle porte.
Ma di questo nessuno ne parla: Bramini ha perduto la casa (almeno per ora) ed il sacrifico è stato compiuto anche a dispetto della Carta Costituzionale che insegna nei suoi principi solidarietà.
È necessario che la prima casa, come avviene nell’esecuzione fiscale, non sia oggetto di pignoramento: sarebbe una grande conquista sociale.
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