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L’ESPULSIONE DI PARAGONE. C’ERA UNA VOLTA IL 33 PER CENTO

L’ESPULSIONE DI PARAGONE. C’ERA UNA VOLTA IL 33 PER CENTO

Non si conoscono le motivazioni ufficiali in forza delle quali GianLuigi Paragone sia stato espulso dal Movimento Cinque Stelle.
Si dice, dagli ultimi lanci delle agenzie di stampa, che a base dell’esiziale e definitivo provvedimento ci sia stata la sua disobbedienza a votare la legge finanziaria, oltreché l’astensione al voto di fiducia al secondo governo Conte.
Pare che Paragone abbia presentato anche una memoria difensiva non affatto considerata dal Collegio dei Probiviri.
In un biglietto vergato sulla carta intestata del Senato Paragone ha scritto di suo pugno con chiara calligrafia, non per nulla esitante e concitata: “sono stato espulso dal nulla… C’era una volta  il 33 per cento. Ora…” Così si legge in un post su Facebook, già virale.
Si noti l’uso dei punti sospensivi.
In grammatica rappresentano una particolare figura retorica: si usano per segnalare che il discorso viene sospeso, in genere per imbarazzo, per titubanza o per allusività.
Il problema è proprio questo.
Quella scritta, frase adamantina, dice tutto.
1- Il Movimento Cinque Stelle ha subito una mutazione genetica: era nato per difendere i deboli, gli ultimi, quelli che sono rimasti indietro ed ha sconfessato i suoi principi, alleandosi con il Partito Democratico che difende l’austerity Europea. Non a caso proprio recentemente il ministro dell’economia e delle finanze, Gualtieri, ha dichiarato( Fatto Quotidiano del 24/12/2019) che c’è bisogno di più Stato nell’economia, visto che le liberalizzazioni selvagge hanno prodotto troppo danni. Basta tabù lo Stato azionista fa bene al mercato.

2-Chi ha letto i libri di Paragone, in particolare l’ultimo “La Vita a rate”, sa che il noto giornalista queste cose le sostiene da sempre; per gli italiani contano due cose: la proprietà di una casa, un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

3-Difendere i lavoratori, con lo Statuto e mandare alle ortiche i contratti del job act che hanno prodotto solo frustrazione e riproporre la stabilità necessaria del posto di lavoro, è un punto fermo nelle idee di Gianluigi Paragone.

Se si legge l’ultimo rapporto CENSIS ha ragione Paragone e non il PD, in considerazione del fatto che il lavoro è il primo vero problema e non si risolve licenziando, come ha predicato Renzi con il suo governo riformando, ma abolendo di fatto, l’art. 18.
Chiedete ad una coppia di sposi se riesce a stipulare un mutuo con un contratto a tempo determinato con un istituto di credito.
Queste cose il Partito Democratico non le ricorda più e come Salvini ha stritolato Di Maio, così potrà  fare Conte che, costituendo a breve un suo partito, succhierà altri consensi ai Cinque Stelle.

Di Maio è quel nulla del biglietto di Paragone.
4- I Cinque Stelle non hanno strategia, si sono alleati con il PD facendolo riemergere dall’Aventino, proprio quando era fuori dal gioco politico ed hanno consentito anche al nemico Renzi di venire fuori  dall’angolo del perimetro ove era stato relegato . Questo Paragone non lo ha tollerato perciò si è astenuto quando si è pronunciato sul voto di fiducia. Non si può convivere con il partito che ha difeso le banche, a discapito di poveri risparmiatori. Si ricordi l’Etruria.
5- Allo stesso modo non poteva votare una manovra che obbedisce solo al diktat europeo e non è espansiva come dovrebbe, a difesa dei più deboli e di un intervento dello Stato in economia.
6-Si era battuto Gianluigi Paragone anche per fermare il caro bollette, altra fondamentale battaglia politica per la correttezza dei consumi di massa, che influiscono tanto in famiglie monoreddito. Ma i suoi emendamenti non sono stati accolti e votati.
Ma chi decide sull’espulsione? È un partito o un’accozzaglia di deputati, che prima non facevano nulla ed oggi non sono classe dirigente e non hanno neppure la spina dorsale di rinunciare allo scranno?

Non restituiscono neppure parte dei compensi lauti che ricevono come deputati e senatori: Paragone in proposito è stato correttissimo. Gli altri fanno solo demagogia e soliloqui su Facebook.
Siamo al redde rationem, al canto del cigno. Nemmeno i Tribunali speciali del regime mussoliniano si comportavano in questo becero modo, lesivo anche del dettato costituzionale, in modo particolare dell’art. 49 e dell’art. 67. I partiti devono organizzarsi secondo il metodo democratico ed il dissenso va rispettato in tutte le sue forme. Ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione e null’altro.
Di Maio non parli di riunioni di Stati Generali, come ha recentemente dichiarato. Infatti quando furono riuniti ci fu la Rivoluzione Francese.
Solidarietà a Paragone, una persona perbene.

Biagio Riccio

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