L’ordinanza della Cassazione n. 7243 del 18.03.2024 secondo cui “dall’omessa iscrizione nell’albo ex art. 106 tub del soggetto incaricato non deriva alcuna invalidità né dei contratti né degli atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito” ha un contenuto eversivo.
In parte motiva si ritene addirittura che le norme che prevedono l’iscrizione nell’albo ex art.106 Tub,non sono di natura imperativa, bensì regolamentare e non hanno alcuna inferenza civilistica,ma attengono a profili penalistici.
E’inaudito quanto asserito.
Si apprende dunque un nuovo principio additivo della Corte di legittimità: le norme contenute nel Testo Unico bancario possono involgere profili di mere disposizioni regolamentari e dunque, non possono essere ritenute imperative.
In realtà, l’estensore dell’ordinanza dimentica il delicato ruolo delle banche che seppure società private – dopo la sciagurata legge Amato n.218 – 1990 art.1.comma 1 – comunque agiscono per un interesse pubblico, tra l’altro, previsto e contemplato anche sul piano costituzionale, ai sensi dell’art. 47 della Carta.
Forse il Collegio trascura che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio disciplinando,
coordinando e controllando l’esercizio del credito”.
Il controllo dell’esercizio del credito consiste
proprio nel vigilare che gli operatori che si reputano intermediari per la relativa riscossione,
ne abbiano i requisiti necessari, la sottesa abilitazione, in mancanza della quale ne è inibita
l’operatività.
E se non è questa una norma imperativa che contiene una sanzione, può degradarsi a mera
disposizione regolamentare per rendere lecito ciò che è illecito?
Ma vi è di più.
Cade in un ossimoro pervasivo ed annichilente la Suprema Corte, quando si lascia andare nell’asserire che il profilo dell’illiceità sia solo penale senza conseguenze civilistiche.
Dai banchi dell’università ci hanno insegnato che un’azione che abbia conseguenze penali rappresenta un illecito civile, tali per cui ne è lesa la norma che lo vieta.
Da qui la contraddizione in termini dell’ordinanza de qua, che è stata resa, probabilmente,
per arginare tutte le cause che hanno ad oggetto l’improcedibilità dell’agire di tal sedicenti intermediari che non obbediscono a norme che, di converso, hanno un riflesso di ordine pubblico indiscutibile.
Sono state stravolte le fonti del diritto che ci aveva insegnato Vezio Crisafulli e la Costituzione ove anche le banche hanno un ruolo decisivo, ma la Corte di legittimità lo ha gravemente disatteso.
Non ha in questo modo alcuna nomofiliachia.