Il referendum sulla riduzione dei parlamentari (deputati e senatori) è un falso problema e di natura solo demagogica e populista.
In realtà la sua proposizione – da parte del Movimento Cinque Stelle – aveva, nel tempo in cui è stato concepito il disegno, solo valore identitario.
Oggi i deputati cinque stelle temono di perdere la cadrega e non sono più credibili per il comportamento assunto dopo l’alleanza spuria, ma necessitata, a loro dire, con il Partito Democratico: non intendono perdere alcun privilegio dello status conseguito -scendere da cavallo senza essere cavalieri è durissima – e se si sciogliesse il Parlamento, molti non saprebbero cosa fare.
Dunque rappresentano la casta: è il contrappasso dantesco.
Fatta questa premessa e, percio, tolta la cornice politica, effimera e dozzinale, la riforma è inaccettabile.
Lo ha scritto benissimo nel numero del 20 agosto scorso il giornale” Il Manifesto ”, che ha indicato validissime ragioni per sostenere le motivazioni sottese al No.
Prende piede anche un dibattito fra costituzionalisti-molto proficuo-in proposito per caldeggiarle.
1-In primo luogo, la nostra è una Repubblica Parlamentare e ridurre i parlamentari, soprattutto i senatori, crea uno scompenso per alcune regioni (soprattutto la Toscana), che non avranno rappresentanti in proporzione degli abitanti che contano. Il nostro Senato è, infatti, organizzato su base regionale e dunque minor senatori significa anche minor rappresentanza. Occorrerebbe modificare la Carta Costituzionale ed eleggere su base circoscrizionale. Ma questo nella riforma non c’è. Il problema si pone anche per la rappresentanza all’estero.
2-La riforma del taglio deve essere accompagnata da una collaterale riforma della legge elettorale da proporsi su base proporzionale.Oggi abbiamo eletti indicati ed imposti dai partiti direttamente dall’alto e non conosciamo neppure chi siano i prescelti e come vengano scrutinati.
Quando fu proposta nelle decorse Commissioni bicamerali per le riforme istituzionali (Bozzi-De Mita-D’Alema) il taglio, pur sostenuto, era accompagnato da complessivi allegati, quali la riforma della legge elettorale e del sistema istituzionale nel suo complesso: monocameralismo o correzione con diverse funzioni della Camera e del Senato.
3- Il taglio di per sé è nocivo e dannoso, se non si pone mano alla riforma dei regolamenti parlamentari: diminuire i deputati e senatori, senza far ricadere gli effetti di tale taglio sui regolamenti parlamentari, implica un groviglio le cui conseguenze imprevedibili e deleterie si sconterebbero soprattutto per la presentazione delle proposte di legge e per gli emendamenti.
4- Tagliare significa soprattutto che i piccoli partiti non hanno assicurata la rappresentanza in Parlamento, perché sarebbe da rivedere anche il meccanismo dello sbarramento.
5- Con pochi senatori e deputati si ha l’effetto di vedere organizzato il lavoro delle Commissioni con i medesimi parlamentari che o dovranno essere onniscienti o superficiali, perché non potranno coprire tutto lo sciabile possibile.
6-È stato stimato (vedi lavoro del gruppo Azione di Calenda) che il risparmio delle spese come effetto del taglio, equivale al costo bagattellare di un caffè giornaliero per il bilancio dello Stato.
Tuttavia la riforma è pericolosa per altre decisive e fondamentali ragioni.
a) Chi la sostiene – i 5 Stelle- sono per la democrazia diretta, che si esprime con il meccanismo misterioso della piattaforma Rousseau, non decifrabile e controllabile.
b) Lascia l’iniziativa legislativa al solo governo, che già esagera con la decretazione di urgenza.
c)Ma soprattutto lascia a casa le minoranze che con il taglio non entreranno in Parlamento: quando le decisioni non contemplano i diritti delle minoranze, si ha la “dittatura della maggioranza”: ne parlava Tocqueville, che gli amici dei 5 Stelle dovrebbero ripassare.
Articolo pubblicato su “Gli Stati Generali” il 28 agosto 2020 – LINK
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