SGARBI, L’ULTIMO “FIGLIO” DI FRANCESCO COSSIGA
Sgarbi è l’ultimo “figlio” di Francesco Cossiga.
La sua battaglia contro la Magistratura politicizzata rinviene le sue radici nel testamento politico lasciato dal Presidente Cossiga.
C’è un bellissimo libro, “Discorso sulla Giustizia “ (editore liberilibri) che raccoglie tutti gli interventi di Cossiga sul tema; in modo particolare quello al Senato, quando rassegnò le sue dimissioni da senatore a vita e semplice ( 19 giugno 2002), per dare dimostrazione con un utile scandalo di come fosse necessario riformare la giustizia in Italia.
Quello che ha scritto 18 anni fa Cossiga, è predicato oggi dal solo Sgarbi nelle aule del Parlamento.
1-In Italia esiste la “Repubblica dei pubblici ministeri”, i quali non devono rendere conto a nessuno della loro azione penale che, seppure obbligatoria, si rivela altamente discrezionale al momento della scelta del caso da indagare.
2-Non esiste una differenza tra magistratura inquirente e giudicante e non si perdono le guarentigie della legge, se vi è, nel corso della carriera, scambio di ruoli.Dovrebbero, secondo Cossiga, assumere in questo caso lo status di pubblici impiegati.
3- I pubblici ministeri non sono eletti, come per esempio avviene negli Stati Uniti d’America, ma diventano tali per concorso e non devono rendere conto a nessuno del loro operato.
4-Non esistono all’atto dell’inizio dell’azione penale piene garanzie dell’indagato (e del suo avvocato), il quale facilmente diventerà imputato, perché confesserà , denuncerà altri per la paura di soffrire la galera, da evitare a qualsiasi costo. Gli abusi li abbiamo visti, ricorda Cossiga: con Mani Pulite e con il comportamento dell’ineffabile Borelli, fu impedito il varo del decreto Biondi e di altre iniziative legislative, finalizzate a mitigare l’abuso della carcerazione preventiva durante quella inchiesta giudiziaria.
5- È originalissimo Cossiga, quando ricorda che la sovranità è del popolo e dunque il Parlamento – che rappresenta il popolo – non deve perdere i suoi diritti a favore di una repubblica giudiziaria. È stato un grave errore porre mano – sulla scia dell’agire senza limiti di sorta di Mani Pulite – alla riforma delle immunità parlamentari (Sgarbi, ricordiamolo, non la votò e forse fu l’unico) costituzionalmente previste.
In alcuni salienti passaggi dei suoi discorsi, riportati nel libro, Cossiga ritene che oramai il Consiglio Superiore della Magistratura sia non un ordine, ma un potere, che vuole dire la sua sempre, anche quando e soprattutto si tenti di riformare lo status di Magistrato nel delicato equilibrio costituzionale. Da qui un fondamentale disegno di legge proposto dal Presidente Cossiga proprio di natura costituzionale (del 14 gennaio 1997) e tendente ad arginare il potere dei pubblici ministeri, per esempio da sottoporre al controllo del Parlamento che vari un apposito organo gerarchico o del Presidente della Repubblica, che li nomini e li controlli, senza che in proposito i suoi atti possano essere controfirmati dal ministro competente.
Sono ricordati nei suoi discorsi i comportamenti giustizialisti dei magistrati della stagione di “Mani Pulite”e come in Italia non vi sia rimedio alcuno agli orrori giudiziari compiuti, risultando i magistrati soggetti irresponsabili delle loro azioni.
Cossiga, come Pannella, riteneva che il Consiglio Superiore della Magistratura fosse una Terza Camera incontrollata e come un potere costituito contro il legislativo, con ricadute anche di metodi mafiosi e camorristici.
È espressa nella parte finale del libro una perorazione del giudice Corrado Carnevale, attaccato anche giudizialmente e sempre assolto da qualsiasi accusa.
Sgarbi è l’epigono di Cossiga, perché ha dimostrato di sostenere questi principi nei suoi discorsi parlamentari e nei suoi interventi pubblici.
Non è scandalizzato per il caso Palamara, perché è stato aperto il vaso di Pandora e tutti i veleni sono venuti fuori.
È chiaro che:
1-i Magistrati si dividono le Procure come sedi di potere;
2- sono organizzati in correnti, tra di loro comunicanti, come nel peggior manuale Cencelli;
3- aggiustano o decidono di controllare processi.
4- Non rispondono dei loro errori.
Pone Sgarbi (vedi intervista a La Verità del 29/6/2020) la necessità di una commissione di inchiesta sul caso Palamara, nella speranza che, come Mario Chiesa, possa parlare e farci scoprire quello che già sappiamo: i Magistrati sono leoni, ma non possono prevaricare il potere legislativo e politico, come diceva Francesco Bacone, altrimenti si produrrà la fine della Repubblica democratica e costituzionale.
Non è ammessa, diceva Cossiga, “una concezione autoritaria della giustizia e del giudice, incompatibile non soltanto con uno Stato Costituzionale a democrazia rappresentativa, ma con la stessa avanzata concezione illuministica di federiciana memoria”.
Pubblicato su “Gli Stati Generali” il I agosto 2020 – LINK