Nota a ordinanza del tribunale di Nocera Inferiore (SA) seconda sezione civile numero ruolo 3662/2010 del 23.05.2011.
Sommario
Avv.Biagio Riccio
L’ordinanza che si esamina ha tratti distintivi e peculiari: siamo nell’ambito del tema dell’erronea ed illegittima segnalazione alla Centrale Rischi operata, incautamente da un istituto di credito.
Come noto, il sistema informativo della Centrale Rischi (istituito con delibera C.I.C.R. del 29/03/1994, assunta ai sensi degli artt. 53, 67 e 107 del T.U.B.) consente di accedere alle informazioni sugli affidamenti concessi da ciascun intermediario ai singoli clienti (persone fisiche e giuridiche), onde conseguire dati e notizie concernenti la gestione del rischio del credito. In altre parole, per suo tramite, ogni singolo istituto di credito può conoscere elementi indicativi della situazione di insolvenza dei soggetti finanziati, quali, ad esempio, la revoca degli affidamenti e/o la emissione di decreti ingiuntivi.
È ovvio, tuttavia, che le informazioni registrate devono essere esatte e complete, dal momento che la conseguenza diretta della segnalazione è nella revoca delle linee di credito da parte di altri istituti bancari e nell’impossibilità di accedere al sistema del credito in generale.
Una erronea segnalazione in sofferenza, invero, danneggia fortemente la reputazione e la dignità del soggetto interessato, incide negativamente sulle relazioni sociali e professionali, mina la possibilità per il cliente di accedere al credito bancario, oltre a comportare la revoca di quello già concesso, con conseguente lesione del “diritto di impresa” (in tal senso cfr. Tribunale di Palermo 04/11/2002; Tribunale di Brindisi 20/07/1999). L’indubbia originalità del provvedimento si configura per il fatto che il Giusdicente accoglie, come vedremo, il ricorso proposto ex art.700 cpc, per stigmatizzare l’ingiusto comportamento della Banca che non ha seguito, nella fattispecie de qua, pedissequamente il dettato della legge e, senza il conforto ed il suffragio di alcun bagaglio istruttorio e l’espletamento di una necessaria e preventiva indagine sulla sussistenza delle relative ed ineludibili condizioni, ha effettuato avventatamente la segnalazione.
1. La vicenda.
La società X ha intrattenuto con l’istituto di credito Y vari rapporti bancari.
La medesima, tuttavia, in data 02/03/2010( è decisiva la scansione cronologica n.d.a) sulla scorta di un accurato lavoro peritale, incardinava, preventivamente innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore(Sa) un giudizio ordinario, avente ad oggetto azione di ripetizione di somme che detto istituto di credito aveva indebitamente intrattenuto, avendo agito contra legem (n.r.g. 1285/2010).
In particolar modo con l’azione incoata l’attrice X chiedeva di accertare se , a cagione della imposizione di tassi usurari e di interessi anatocistici, fosse creditrice della banca Y della somma di E. 5.691.465,93 e, di conseguenza, reclamava la condanna della convenuta a tal importo.
Si diffidava, inoltre, nel seno del libello introduttivo di tal giudizio, l’Istituto di credito Y dal segnalare alla Centrale Rischi della Banca d’Italia l’attrice X, la quale contestava ogni sua relativa posizione di incaglio, oggettivamente illecita ed illegittima.
Nel caso in cui si fosse verificata detta segnalazione, l’attrice, senza indugio, avrebbe proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. .
Senonché, nonostante detta diffida, appena dopo un mese dall’iscrizione a ruolo del giudizio di merito (n.r.g. 1285/2010), avvenuta in data 12/03/2010, in data 22/04/2010, l’istituto di credito Y procedeva alla segnalazione.
Infatti, in data 04/06/2010, veniva proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. in corso di causa, la cui udienza di comparizione innanzi al Giudice istruttore veniva celebrata in data 21/07/2010.
A seguito della trattazione, però, aderendo all’orientamento sostenuto dal Giudice Istruttore, l’attrice X rinunciava al provvedimento cautelare richiesto in corso di causa, come da debita istanza depositata in cancelleria, ed autonomamente incardinava un ricorso ex art. 700 c.p.c. ante causam.
2. Opzione interpretativa ricorso ex art.700 cpc proposto per la tutela di un diritto di credito intra causam o di un diritto assoluto ante causam
Tale ultimo ricorso si fondava sul presupposto dell’ illegittimità della segnalazione: essa invero, oltre che compromettere il diritto di impresa, costituzionalmente garantito, ledeva l’immagine e la reputazione commerciale della ricorrente X.
In realtà la società X intanto aveva rinunciato al ricorso in via di urgenza di un giudizio in corso e ne aveva proposto uno ante causam, sganciato dal merito della vicenda dell’istanza di ripetizione per la restituzione di interessi non dovuti alla Banca Y, perché aveva aderito all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, con l’erronea ed ingiusta segnalazione, si produce un danno autonomo che coinvolge e richiama l’applicazione dell’art.2043 c.c.
Vi sono infatti in giurisprudenza due tronconi interpretativi:l’uno che conferisce diritto di cittadinanza alla possibilità di proporre un ricorso ex art.700 cpc in corso di causa, qualora sia già incardinata un’azione a tutela di un diritto di credito:quello, nel caso di specie, che si incentra nella richiesta di restituzione di interessi anatocistici incamerati illegittimamente dalla Banca convenuta. L’ altro orientamento, di converso, che caldeggia la tesi secondo cui, ontologicamente si produce la lesione di un diritto assoluto, ai danni del correntista, qualora lo si segnali ingiustamente alla Centrale Rischi. Si prescinde, a tal proposito, dal diritto di credito: è in discussione la polarità dell’art.2043 c.c e dunque una lesione del correntista che impinge nell’ambito della tutela dei diritti assoluti e dunque della responsabilità extracontrattuale.
Proprio il Tribunale di Nocera Inferiore con una pregnante ordinanza è intervenuto autorevolmente nell’ambito della profilata opzione interpretativa ed ha statuito che: “E’ principio acclarato in giurisprudenza, nella fattispecie in rassegna, che il ricorso all’art. 700 c.p.c., proposto ante causam, sia strumentale alla tutela della domanda risarcitoria, ex art 2043 c.c., fondata su un fatto illecito (asserita erroneità o illegittimità della segnalazione alla centrale rischi) in relazione alla quale, la richiesta avanzata in via d’urgenza è volta ad attivare in via anticipata rispetto alle conseguenze pregiudizievoli suscettibili di essere prodotte e di continuare a prodursi nella sfera della stessa ricorrente una tutela riparatoria. In altri termini, la domanda cautelare spiegata in questa, sede mira ad ottenere una pronuncia del Giudice che, previo accertamento del predetto illecito, impedisca o rimuova una situazione lesiva dei diritti del soggetto ingiustamente segnalato.
Ne consegue che deve negarsi la richiesta tutela nel seno del giudizio di merito, ove si discuta della sussistenza o meno del diritto di credito per il quale è stata effettuata la segnalazione alla Centrale rischi, non essendovi identità ne di petitum, ne di causa petendi tra quel procedimento e quello avente ad oggetto il diritto al risarcimento dei danni conseguente alla illegittima segnalazione.
Come noto, infatti, una delle caratteristiche tipiche del provvedimento cautelare è la strumentalità. Con tale termine si vuole indicare che le misure cautelari non sono mai fine a loro stesse, ma sono immancabilmente preordinate alla emanazione di un ulteriore provvedimento definitivo, di cui esse provvisoriamente assicurano la fruttuosità pratica.
In altre parole, il requisito della strumentalità, così inteso, impone, con riferimento all’ipotesi di misure cautelari chieste in corso di causa, che sussista un rapporto di inerenza tra la domanda cautelare e quella di merito, nel senso che quest’ultima deve comprendere l’accertamento del diritto, alla cui tutela tende, in via provvisoria, il provvedimento cautelare invocato. Compito del Giudice, pertanto, non è quello di accertare se il credito per il quale è stata effettuata la segnalazione sia o meno esistente, quanto semmai quello di valutare la legittimità del comportamento della Banca segnalante (Tribunale di Nocera Inferiore, 05.12.2006 procedimento di reclamo n.5141/05 Presidente Guglielmo Amato Giudice estensore Salvatore Di Lonardo. Redazione Giuffrè 2007).
Alla luce di tali significativi assunti bisogna, soppesare gli effetti della segnalazione illecita; è in giuoco la responsabilità dell’intermediario, istituto di credito, il quale deve agire nel rispetto della tutela dell’affidamento.
Tale responsabilità è di natura aquiliana, perché è posta a presidio del principio di autenticità delle informazioni fornite al sistema bancario. Se esse non sono esatte e risultano, pertanto, illegittime si configura il profilo risarcitorio. La responsabilità aquiliana è quella invocabile ai sensi dell’art. 2043 c.c. per violazione dell’obbligo del neminem laedere.
3. Responsabilità anche di natura contrattuale:quando l’erronea segnalazione produce la lesione degli articoli 1374 e 1375 c.c.
Secondo altro filone interpretativo, oltre alla responsabilità extracontrattuale della banca, che indebitamente segnala il nominativo del correntista alla centrale rischi ledendo un diritto assoluto, si palesa, con l’ingiusto comportamento dell’Istituto di credito, anche quella di natura contrattuale:la Banca segnalante contravviene ai canoni di buona fede e correttezza nello svolgimento del rapporto obbligatorio con il correntista, secondo quanto disposto dal tessuto normativo di cui agli articoli 1374 e 1375 del codice di merito.
Ha così sentenziato il Tribunale di Bari: La segnalazione da parte della banca alla Centrale Rischi dei nominativi dei clienti e dei saldi negativi dei loro conti correnti prima della revoca degli affidamenti non è una condotta corrispondente ai canoni di diligenza professionale, come codificati nelle regole proprie del settore emanate dalla Banca d’Italia. Tale condotta ben può integrare uno specifico titolo di responsabilità della banca verso i propri correntisti, in quanto il mancato rispetto delle regole di cautela individuate dall’ordinamento professionale, risulta uno specifico indice sia della sussistenza della colpa rilevante ex art. 2043 c.c sia della violazione dei canoni di correttezza e buona fede richiesti nello svolgimento di ogni rapporto obbligatorio, secondo le norme generali ex art. 1715, 1374, 1375 c.c. (Tribunale di Bari II sezione n. 201 24.01.2008 fonte: Giurisprudenza barese it 2008; cfr Tribunale di Milano 19.02.2001 fonte Giurisprudenza Italiana 2002,334 con nota di Salinas).
4. Necessità di un’istruttoria indispensabile per effettuare la segnalazione:novità ed originalità della pronuncia in esame; rifiuto della negletta prassi dell’automatismo ingiustificato.
Sulla base di tali premesse è di particolare rilievo il decisum del Tribunale di Nocera Inferiore.
Il Giusdicente, con prosa icastica ed inclita, ha soffermato la propria attenzione sulla necessità, non avvertita dall’istituto segnalante, che ogni segnalazione sia preceduta da una seria attività istruttoria che consenta la costruzione di un quadro preciso e dettagliato sulla effettiva condizione economica del correntista.
Il Giudice ha fatto proprio il rifiuto di ogni criterio fondato sulla negletta prassi dell’ automatismo della segnalazione.
E’ ben noto infatti che prima di effettuare la segnalazione la Banca apra un’istruttoria, ponderi la condizione economica del segnalato, appuri che essa sia di patente decozione.
Nella prassi tuttavia si assiste ex abrupto all’immediata segnalazione alla centrale rischi :essa avviene con un automatismo ingiustificato,appena il correntista entra in una condizione di sofferenza che ex post si rivela transitoria.
Seguiamo i passi più interessanti della sentenza, in particolar modo sugli obblighi di accertamento non assolti dall’istituto di credito sulla valutazione dello stato di insolvenza: “ne deriva che l’obbligo di diligenza incombente sulla banca se, da un lato, non esige un’indagine diretta all’accertamento di uno stato di insolvenza rilevante in sede fallimentare dall’altro non è adeguatamente assolto se si traduce in un’automatica denuncia di un mero inadempimento, che di per sé non può avere alcuna valenza di sofferenza nel senso normativo sopra precisato.
L’istituto segnalante, infatti, è tenuto, in ogni caso, ad appurare, con il grado di diligenza richiesto dal secondo comma dell’art. 1176 c.c., la sussistenza di una condizione di complessiva e grave (ossia, non transitoria) difficoltà economica del soggetto segnalato, giacché solo questo tipo di verifica rende legittima la comunicazione alla Centrale Rischi in relazione alle esigenze informative dalla stessa curate. […] L’importante è che l’intermediario si attenga sempre alla regola secondo la quale “l’appostazione a sofferenza non può scaturire automaticamente da un mero ritardo nel pagamento del debito”, giacché è pur sempre indispensabile una valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente, in vista della quale, anzi, ben può pretendersi che lo stesso intermediario attivi almeno un canale di diretta interlocuzione con il cliente, in modo da consentire una delibazione delle ragioni sottese all’esposizione e da permettere al cliente medesimo di contribuire all’istruttoria che l’istituto deve, comunque, effettuare prima della segnalazione.
Ebbene, tornando alla concreta vicenda in esame, dall’analisi dell’allegata documentazione sembra emergere proprio il richiamato automatismo, atteso che non vi è traccia di una, seppur embrionale, attività di indagine svolta dalla banca in un momento antecedente al 22/04/2010 e tesa a colorare di significato il mancato pagamento delle somme di cui la stessa assumeva all’epoca di essere creditrice nei confronti della Prodotti Conservati di Attianese Pasquale & C. s.a.s.”.
Siamo al fulcro argomentativo della pronuncia de qua la quale, come premesso, rifiuta il criterio dell’automatismo e reputa indispensabile, per il corretto esercizio del potere di segnalazione, una previa attività istruttoria. Quest’ultima, pur non dovendo assumere l’ampiezza e la profondità di quella che connota la disciplina fallimentare, deve, però, essere tale da rispondere ai criteri normativi fissati volti ad impedire condotte, per così dire, “prepotenti” da parte del soggetto forte nell’ambito del rapporto contrattuale.
La giurisprudenza di merito ha accolte queste coordinate:si sta sedimentando e si avverte, in recentissime pronunce, il monito dei Giudici che impongono, giustamente, e con nettezza ordinamentale, agli istituti di credito la necessità che essi siano chiamati ad aprire un’istruttoria, ad intavolare l’ineludibile contraddittorio con il cliente, al fine di soppesare se effettivamente la sua condizione di disagio economico possa preludere ad uno stato di decozione irreversibile o se essa sia meramente transitoria.
Senza il preventivo esame da effettuarsi in contraddittorio la segnalazione deve reputarsi illegittima.”La banca deve procedere con l’attenta valutazione della situazione del debitore prima di effettuare una qualsivoglia segnalazione alla Centrale Rischi (nel senso delle rilevanza della buona fede, v. anche Trib. Milano 23.9.2009 e Trib. Monopoli 17.6.2008). Nell’effettuare siffatta attenta valutazione la banca è tenuta, ove necessario, anche ad instaurare il contraddittorio con il cliente e segnatamente nei casi in cui la sua situazione finanziaria appaia complessa, nel senso che non si manifesti palesemente pregiudicata al punto da poter ritenere senz’altro a rischio la riscossione del credito. Invero, come detto, se la finalità della segnalazione alla Centrale Rischi è quella di allarmare gli altri istituti di credito circa solvibilità del soggetto segnalato, è essenziale svolgere la valutazione richiesta con particolare attenzione al fine di non escludere dal sistema del credito un soggetto che, al contrario, ad una più attenta analisi, sarebbe risultato essere meritevole. Pertanto, “la valutazione della complessiva situazione finanziaria del cliente” di cui parla la Banca d’Italia va intesa nel senso che può rendersi necessaria anche la consultazione del cliente a chiarimenti sulla sua esposizione debitoria (Tribunale di Monopoli 19.05.2011 fonte Sito il caso.it 2011).
5. La ritorsione e pressione dell’istituto segnalante
Il giudicante, in verità, sembra ammettere, sulla scia di quanto asserito nel ricorso ex art. 700 c.p.c., la possibilità da parte della banca di una condotta ritorsiva e di pressione coattiva all’adempimento.
Solo dopo la notificazione dell’atto di citazione di cui al giudizio di merito, nel quale si assumeva come detto che la attrice X fosse creditrice dell’istituto di credito, in ragione dell’anatocismo e dell’usura da esso perpetrate, l’istituto convenuto, senza spiegazione e motivazione alcuna, in data 22/04/2010, procedeva alla segnalazione cagionando, come conseguenza diretta, che le posizioni bancarie della ricorrente venissero, nel sistema, appostate a sofferenza.
Afferma il Giudice: “non risulta, infatti, dagli atti che tra la notifica del libello introduttivo del medesimo procedimento n° 1285/10 R.G. (risalente pacificamente al 17/03/2010) e la contestata segnalazione alla Centrale Rischi del 22/04/2010, la banca abbia preso in qualche modo in considerazione le doglianze illustrate nello stesso libello introduttivo, laddove, invero, sulla base di una articolata perizia della RDC Studio, si era, comunque, addotta una lunga serie di violazioni che riguardano proprio i conti correnti e le cambiali cui si riferiscono gli importi appostati a sofferenza con la segnalazione de qua e che hanno indotto la società ricorrente a reputarsi creditrice verso l’istituto resistente della somma di € 5.691.465,93 […] Diversamente argomentando si ratificherebbe, d’altro canto, un uso della segnalazione medesima, ad opera della banca resistente, non solo non conforme ai parametri normativi previsti, ma anche, per così dire, strumentalmente funzionale all’esercizio di una forma di pressione sul proprio cliente”.
La giurisprudenza di merito ha rimarcato che “Deve reputarsi illegittima la segnalazione alla centrale rischi della Banca D’Italia effettuata a scopo ritorsivo per forzare, cioè, il correntista a corrispondere somme non legalmente dovute(Trib. Vibo Valentia Sent., 16012006).
La Banca, neppure attraverso una missiva, ha manifestato la sua intenzione di rendere edotta la ricorrente di una sua incipiente impotenza finanziaria. Ha operato la detta segnalazione solo dopo che è stata iscritta a ruolo la causa di contestazione del credito dell’ istituto bancario, dunque ritorsivamente e successivamente ha effettuato la revoca dei fidi.
Al riguardo esplicita e cristallina è la posizione della giurisprudenza di legittimità: l’apposizione di un credito in sofferenza e la conseguente segnalazione alla centrale rischi in assenza dei presupposti di legge è contraria ai principi di buona fede e correttezza nel funzionamento del rapporto bancario e legittima un addebito di responsabilità dell’istituto segnalante per violazione di quel dovere di reciproca lealtà di condotta che deve presiedere alla esecuzione di qualsivoglia tipologia di contratto e che, in concreto, si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, il quale impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal dovere del neminem laedere, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte ( Cass. civ. n. 13345 del 07/06/2006).
6. L’effetto dell’incauta segnalazione: lesione dei diritti costituzionalmente garantiti.
Il tribunale di Nocera perviene a queste conclusioni: “Ne consegue, per l’effetto, l’indiscutibile sussistenza del fumus boni iuris, sotto il profilo oltre che del diritto all’immagine, sia come diritto alla personalità che in relazione all’impresa di quelli alla reputazione ed alla riservatezza, nonché di quella facoltà di operare a mezzo degli ordinari canali bancari che è elemento essenziale per consentire l’esplicazione dell’attività industriale esercitata dalla società ricorrente: tutti diritti che sono stati palesemente compromessi dall’illegittima segnalazione del 22/04/2010, tradottasi, per l’appunto, in un’automatica denuncia di un mero inadempimento non accompagnata dalla necessaria diligenza e, segnatamente, da una valutazione complessiva della situazione finanziaria della stessa società ricorrente, e che sono, peraltro, riconducibili ai principi costituzionali della libera iniziativa economica ex art. 41 co. I Cost e della tutela dell’accesso al credito ex art. 47 Cost.
Così come è evidente proprio in ragione dei rimarcati effetti negativi che inevitabilmente sono stati già prodotti, in termini di ostacoli, o di impedimenti, al ricorso agli ordinari canali bancari […] il pregiudizio imminente ed irreparabile che possa derivare ai suddetti diritti nelle more del giudizio”.
La giurisprudenza di merito e di legittimità ha assentito alla condanna per risarcimento del danno per effetto dell’incauta segnalazione, perché si è ritenuto che l’imprudente comportamento della Banca leda diritti costituzionalmente garantiti.
“L’indebita segnalazione in centrale rischi di una persona giuridica, la cui posizione sia stata volturata nel conto sofferenze, attribuisce alla stessa il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, laddove il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della stessa, equivalente ai diritti fondamentali della persona umana, riconosciuti e garantiti dalla Costituzione. Ne consegue pertanto che il danno non patrimoniale è da intendersi risarcibile in via equitativa, quale conseguenza negativa derivante dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica da parte dei consociati ovvero dei settori o delle categorie con cui la stessa si trovi ad interagire (Trib. Bari Sez. IV, 05012011) .
Sulla medesima scia si è espressa la Corte Suprema: “Anche nei confronti della persona giuridica, ed in genere dell’ente collettivo, è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale allorquando il fatto lesivo incida su una situazione giuridica che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Costituzione (tra i quali rientra il diritto all’immagine). Verificatasi una tale lesione, oltre all’eventuale danno patrimoniale, è risarcibile, in via equitativa, anche quello non patrimoniale costituito dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica o dell’ente che costituisce la sua immagine, tanto sotto il profilo dell’incidenza che tale diminuzione comporta nell’agire delle persone fisiche che ricoprono gli organi della persona giuridica (e quindi dell’ente stesso), quanto sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati con i quali la persona giuridica o l’ente di norma interagisce. Nello specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, in riferimento ad indebita segnalazione di una società, da parte di un istituto bancario, alla Centrale Rischi della Banca d’Italia quale soggetto in posizione di c.d. “sofferenza”, deve riconoscersi la risarcibilità a tale società di un danno non patrimoniale per lesione del diritto all’immagine, sotto i due profili indicati, da liquidarsi in via equitativa secondo le circostanze concrete del caso (Cass. civ. Sez. III, 04062007, n. 12929).
In conclusione la pronuncia in commento è di rilevante spessore perché impone alla Banca, prima di effettuare la segnalazione una necessaria istruttoria, che apra un contraddittorio esaustivo con il correntista, spesso punito in forza di comportamenti ritorsivi dell’istituto di credito.
Cardito, 27.06.2011
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